Per un attimo ho pensato di rendere la cosa meno drammatica, scherzarci su per non infierire.
Mi è venuto in mente il celebre ” I Tartassati” di Totò e Peppino, anche lì alle prese con le tasse ma in realtà in una situazione molto diversa da quella in cui vive oggi un imprenditore italiano.
Alla fine ho ritenuto che non ci fosse affatto da scherzare e che aveva ragione Il Giornale. Niente giri di parole.
Libertà fiscale. Di cosa parliamo e quanta ne abbiamo?
L’indice di libertà fiscale è abbastanza recente, apparso per la prima volta nel 2015, per misurare quanto incide la fiscalità del paese sugli individui, lavoratori ed imprenditori. Non solo l’entità, l’aliquota, ma anche il modo, i tempi ed i “costi” per sdebitarsi con lo Stato vengono attenzionati e forniscono un quadro molto reale della situazione.
Prima di vedere risultati e grafici, facciamo una considerazione molto semplice.
Ogni individuo lavora per produrre ricchezza ed inseguire la soddisfazione dei propri obiettivi. Nel caso di un imprenditore questa folle corsa ha mille variabili.
La qualità del prodotto, il mercato, la concorrenza, le normative, i meccanismi mutevoli di distribuzione, la fortuna (!?), trovare i clienti, le tasse.
Ecco, già da una ricerca recente emergeva un dato assai strano; in Italia oltre il 26% degli imprenditori non ha il problema di trovare clienti ne ha altri e più gravi. Indovina tu…
Adesso addentriamoci nel cuore del discorso, è di pochi giorni l’ufficializzazione della classifica della libertà fiscale. Indovina ancora chi è in testa ma soprattutto chi è il fanalino di coda.
Svizzera ancora prima. Italia ancora ultima.
Probabilmente avevi già indovinato, io non ho avuto grandi sorprese.
Da oltre 10 anni faccio impresa in Svizzera ed aiuto gli imprenditori italiani a farlo. Dopotutto il mio lavoro, la mia scelta di vita, si basa proprio su questo.
” L’Italia è il peggior posto per fare impresa. La Svizzera (forse) è il paese migliore.”
Come ci siamo arrivati
L’Indice della Libertà Fiscale è stato realizzato muovendo da sette diversi indicatori, ognuno dei quali analizza e monitora un aspetto specifico della questione fiscale.
Gli indicatori
I primi due indicatori, numero di procedure e numero di ore necessarie a pagare le tasse, si riferiscono al carico burocratico che le imprese devono sostenere per essere in regola con il Fisco del loro paese. Questi indicatori attribuiscono al paese migliore 10 punti.
Il terzo indicatore analizza il Total Tax Rate cui sono sottoposte le imprese dei paesi esaminati. Con questo indicatore si identifica la quota di profitti che una media azienda paga ogni anno allo stato sotto forma di tasse e contributi sociali. Al paese con il Tax Rate più basso sono attribuiti 20 punti.
Il quarto indicatore, Costo per pagare le tasse, stima quanto una media impresa debba spendere in procedure burocratiche per essere in regola con il Fisco. Il tempo che le aziende occupano per sbrigare pratiche burocratiche si traduce in un costo diretto, in questo caso di personale, che incide negativamente sulla competitività di un sistema. Si tratta di una sorta di tassa sulle tasse: il peso dello Stato nelle attività imprenditoriali, infatti, va ben oltre il solo valore nominale del prelievo fiscale. Anche il tempo perso è monetizzabile e rende il sistema fiscale di riferimento più o meno libero. Al paese migliore in questo indicatore sono attribuiti 10 punti.
Il quinto indicatore, la Pressione Fiscale in percentuale del Prodotto Interno Lordo, assegna al miglior paese ben 30 punti. Si tratta dell’indicatore più importante, sia in termini di punteggio che sostanziale, perché misura le dimensioni della tassazione complessiva sulla ricchezza prodotta da un paese.
Il sesto indicatore è sempre riferito alla Pressione Fiscale in percentuale al Pil, vista qui in termini dinamici e non statici, e misura quanto il prelievo complessivo è cresciuto dal 2000 ad oggi. E’ un indicatore particolarmente rilevante perché traccia gli sforzi che un paese sta compiendo (o non sta compiendo) per ridurre il peso dell’oppressione tributaria sui propri cittadini. Per capire l’importanza di questo tipo di indicatore basti riflettere sul fatto che un paese come la Svezia, considerato da tutti come la patria di tasse elevate in cambio di migliori servizi, dal 2000 ad oggi ha tagliato la sua pressione fiscale di quasi 6 punti percentuali di Pil. Al miglior paese in questo indicatore vengono attribuiti 10 punti.
Settimo e ultimo indicatore è quello relativo alla pressione fiscale sulle famiglie, intesa come la percentuale di tasse sul reddito familiare lordo che paga un nucleo tipo (due genitori che lavorano con due figli a carico). Al paese più “family friendly” sono attribuiti 10 punti. Per realizzare questo indice sono stati utilizzati i database Eurostat e Doing Business (Banca Mondiale).
fonte impresalavoro.org/indice2016/
Massacrati. E va davvero bene così?
Gli indici rispecchiano una situazione drammatica ma ciò di veramente drammatico è che lo sapevamo. Di drammatico c’è che l’imprenditore italiano se ne sta lentamente abituando e forse si sta anche rassegnando. Ma perché non fare davvero qualcosa?
Non parlo di politica me ne guardo bene. Parlo della libertà di fare ciò che è meglio, scegliere la strada migliore da seguire, la vita che si vuole vivere.
Ed il posto e paese dove fare impresa! Magarì anche dando un occhiata a quanto emerso in questa pagina ed in queste “strane classifiche”.